[:it]Benvenuti ad un nuovo appuntamento con il nostro Diario di bordo!

Oggi siamo lieti di annunciarvi un appuntamento esclusivo per il nostro istituto!

Lunedì 30 Marzo la scuola parteciperà a “Lezioni da quarantena”, rubrica di Roberto Saviano che incontra virtualmente le classi direttamente sulla pagina personale di Instagram

 

Domani comunicheremo tutti i dettagli riguardo l’ora, l’argomento e le modalità per seguire la lezione.

 

 

Dal futuro al presente, le video-lezioni continuano imperterrite, gli studenti non smettono di impegnarsi per portare a termine  l’anno scolastico nel miglior modo possibile. Dal canto loro i professori sono costantemente aperti a ricevere suggerimenti e feedback dagli studenti per rendere le lezioni proposte più efficaci.

 

 

Ecco i professori del Liceo Europeo De Benedetti e Eremita che si occupano di offrire il loro supporto e insegnamento a tutti i loro studenti.

 

 

 

 

Inoltre, si ingegnano per poter fornire il maggior numero di risorse ai propri studenti, spiegando con l’aiuto di PowerPoint, lavagne interattive o video.

 

Direttamente dalla lezione della professoressa Eppel,i power point con cui spiega Economia agli studenti di 2IB

 

La coordinatrice Gutowitz, le professoresse Phillips e Mamini, consulenti di ICE e IB rispettivamente, e la Preside Bodo si tengono sempre in contatto per discutere su problemi, soluzioni e eventuali progetti per gli studenti.

 

 

In questi giorni ci stanno arrivando numerosi commenti da parte dei genitori che ringraziano i docenti per le loro iniziative e per la loro disponibilità verso gli studenti. Ne siamo estremamente felici e li ringraziamo, a conferma che i nostri sforzi non sono vani. Ecco il commento di una madre di uno studente della VIS:

“Gentile Dott.ssa Bodo, Ms. Gutowitz e tutto lo staff del Vittoria,

Un breve messaggio per ringraziarvi, per esprimervi solidarietà ed apprezzamento per il lavoro che tutti state svolgendo e un ringraziamento speciale poiché date un senso alla giornata dei nostri ragazzi. Credo che il lavoro che voi fate con loro quotidianamente, insegnanti soprattutto, sia in questo momento un’ancora per la loro normalità. Come per tutti, un periodo di ‘fine tuning’ è più che necessario per abituarsi a questa nuova modalità di interazione ed anzi, io sono estremamente soddisfatta del lavoro che state facendo.

Grazie veramente e bravi tutti.”

 

Andando avanti durante questo periodo dove non c’è molto da fare, oltre seguire le lezioni, gli studenti si stanno dimostrando particolarmente creativi, sfogando frustrazioni e noia dovute dalla quarantena creando vari contenuti.

Tommaso Maglione di VA ha voluto condividere con noi una simpatica canzone per sdrammatizzare la situazione creatasi dal virus che potete ascoltare al seguente link:  https://www.facebook.com/1436505696/posts/10221974447897073/?d=n

 

Ecco il contributo della studentessa di 2IB e rappresentante d’istituto Martina Brasolin che ha deciso di condividere il suo rapporto con la quarantena e l’ansia, nella speranza di poter aiutare altri studenti con le sue parole.

“Questo periodo di quarantena è un periodo brutto per tutti. Nessuno si aspettava che sarebbe successo, nessuno era preparato e nessuno pensava che una semplice “influenza” (così definita inizialmente) potesse scatenare l’isolamento forzato di tutta l’Italia e, pian piano, del mondo. Ognuno di noi sta vivendo questa situazione in maniera differente, di sicuro ci sarà la persona a cui non fa né caldo né freddo stare a casa per mesi e chi, come me, abituato a uscire e a tenere la mente impegnata facendo mille cose, lo trova più complicato. Pensando a cosa scrivere per questo “Diario di bordo” mi sono venute molte idee in mente ma penso che la prima cosa di cui vorrei parlare è un argomento che, specialmente durante questa situazione, è molto importante. Poche persone parlano di quanto sia importante la salute psicologica delle persone, oltre che a quella fisica. Questo virus ci costringe a rimanere chiusi in casa e quindi passiamo molto tempo da soli. Questa solitudine e la noia ci spingono a riflettere e chi, come me, non ha un buon rapporto con i propri pensieri, può sentirsi schiacciato da questa situazione da cui non si può scappare. Riconosco che questo sia un discorso particolare e soprattutto molto soggettivo dato che i miei pensieri potrebbero non essere condivisi da tutti e per questo motivo da ora in poi parlerò della mia personale esperienza in quarantena.

Voglio parlare della mia ansia e di quanto sia fondamentale per me confrontarmi con uno psicologo regolarmente per cercare di mantenere la mente lucida e evitare attacchi di ansia, che però purtroppo non posso sempre evitare. In televisione, sui giornali e persino sui social network si parla solo più di Corona Virus, di nuovi decreti e della quarantena che sembra non finire mai. Nel mio paesino di campagna le forze dell’ordine fanno il giro di tutte le vie urlando con il megafono di stare a casa e di non uscire per nessun motivo. Dovunque io mi giri sono circondata da questa cosa e non esiste via di fuga, mi sento in trappola. Avere l’ansia significa andare a leggere le notizie tutti i giorni e stare male fisicamente e emotivamente capendo che le 4 mura che mi circondano da ormai un mese saranno ciò che mi accompagneranno per i prossimi 2 o 3 mesi, se non di più. Avere l’ansia significa esagerare tutto, le emozioni e le sensazioni soprattutto. Più la quarantena si allunga, più penso ai mesi che passano e più mi immagino il non poter più uscire di casa, non poter vedere più i miei amici, il mio ragazzo, i miei parenti… Tutte queste cose si sommano insieme nella mia testa e mi fanno esplodere. Inizio a piangere, vado in iperventilazione e l’unica cosa a cui riesco a pensare è “non ce la posso fare”. So che l’ansia mi porta a esagerare ciò che penso e quindi vedo tutto in modo molto più apocalittico di quanto non sia veramente ma durante un attacco d’ansia non riesci a controllare la mente. Entro in un vortice di negatività che non si può estinguere, posso solo sperare che quando il giorno dopo mi sveglierò, starò meglio del giorno prima e che le notizie non mi portino a dare di matto. 

Tuttavia, essere costretti a lottare con i propri pensieri mi sta aiutando a trovare la pace con me stessa. Questo periodo di quarantena mi sta insegnando che usavo la mia vita frenetica per evitare pensieri scomodi, mentre di sicuro, una volta che finirà tutto questo, cercherò di prendermi più tempo per me stessa per affrontare la mia ansia invece che cercare di non pensarci e basta. Inoltre, strano ma vero, ho iniziato a meditare grazie agli insegnamenti della mia psicologa e ho scoperto che mi è estremamente utile e, infatti, invito tutti a provarci per quanto strambo vi possa sembrare.

Ho deciso di condividere le mie emozioni perché so che potrà essere utile a qualcuno che si trova nello stesso stato d’animo.  Ringrazio anche i miei professori, Ms. Gutowitz e la Preside Bodo, che sono sempre presenti per noi studenti verso qualsiasi tipo di problematica, relazionata alla scuola e non.

Colgo l’occasione per sottolineare l’importanza di parlare delle proprie emozioni per evitare di “esplodere” tenendosi tutto dentro. Porgo il mio aiuto a qualsiasi studente e non che avesse bisogno di confrontarsi con qualcuno di imparziale per sentirsi ascoltato e per sfogarsi. Ribadisco che anche i docenti sono disponibili per tutti gli studenti, soprattutto in questo periodo particolarmente difficile.”

 

Concludiamo con una toccante lettura  consigliata dalla madre di uno dei nostri studenti e pubblicata sul sito del Corriere della Sera. Il testo è intitolato «Figlio mio ecco le cose che vorrei dirti, e che ho nascosto in una torta di mele»

“Sto a casa.

Ho fatto la torta di mele.

Mi siedo.

Aspetto.

Ho così tanto tempo ormai che posso stare seduta ad osservare la torta lievitare, lo zucchero in superficie che si fa dorato. Lo zen e l’arte di sopravvivere al Covid19. Sul frigorifero di fronte a me c’è un invito a visitare una facoltà di medicina. Una delle tante in cui ti avrei dovuto accompagnare. Il cartoncino è tenuto da calamite inutili che raccontano viaggi in Paesi lontani. Sono proprio le schegge di normalità che danno forma all’assurdo.

Sull’invito c’è scritto Open è il 14 marzo, il 14 marzo di un’altra vita. E mi sembra di essere la protagonista di un romanzo di Stephen King, seduta in cucina a tagliare le mele e a fare finta di niente mentre fuori il mondo che conoscevo non esiste più .

Poi arrivi, ti siedi di fronte a me, a distanza di sicurezza dalla mia mano che vorrebbe scompigliarti i capelli. A diciott’anni le carezze di una madre sono acido muriatico.

Smetto di fissare il forno e ti guardo. Da quanto non lo facevo davvero? Non ti sei fatto la barba, sembri più grande. Tieni le spalle meno dritte, tre settimane senza sport iniziano a farsi sentire, o forse le hai chiuse a proteggere il cuore. Gli occhi invece, quelli sono gli stessi di quando eri bambino. Pensieri veloci, lampi di verde, nuvole rapide (anche se tu i Subsonica non sai nemmeno chi sono). Hai sempre avuto domande nello sguardo. Ora più di sempre vorrei avere le risposte. Ma c’è questo tavolo sporco di farina fra di noi e questo silenzio irreale.

Fai fatica ad addormentarti alla sera. Ti sento rigirarti nel letto, muoverti per le stanze.

Da me, dalla mia luce accesa non vieni mai. Ieri però mi hai raccontato un incubo.

Dovevi andare a trovare un’ amica, era notte ed eri solo. Ti si accendevano tutte le spie di allerta della macchina, ma andavi avanti, per arrivare da lei dovevi attraversare un ospedale, i malati erano infetti, sembravano i tossici mangiati dal Krokodile. Non trovavi l’uscita, eri in trappola.

Fede secondo me…

Mamma, risparmiami le tue minchiate da psicoanalista.

Che poi io la psicoanalista la faccio davvero, ma per maneggiare mio figlio aspetto che qualche collega più illuminata mi scriva un tutorial sull’isolamento con un adolescente, perché se ti dipingessi un arcobaleno e ti dicessi andrà tutto bene, molto probabilmente risponderesti, ridendo, «Tutto bene un cazzo». E avresti pure ragione, e la cosa dissonante in questa comunicazione sarebbe solo la risata.

E così sto qui, con l’unica domanda sensata strozzata in gola.

«Hai paura?».

Ma tu non puoi ancora permetterti di essere vulnerabile.

Io sono vecchia e ho fatto pace con le mie ferite.

E allora vorrei dirti che se fossi in te io avrei una paura fottuta.

Come quando ero piccola e qualcuno faceva saltare in aria le stazioni, con dentro la gente stanca che già pensava al mare, e io non sapevo se dopo tutto quel dolore qualcosa sarebbe mai stato come prima.

E se fossi in te io sarei incazzata, perché questo è l’anno della tua maturità e ti meritavi di pensare solo a quella, ti meritavi di sognarla di notte, per anni, come tutti noi, perché quello era il rito di passaggio. La maturità voi ve la state guadagnando sul campo, crescendo all’improvviso, che dopo questo, nessun esame avrà più senso.

E poi ti meritavi un’estate stupenda, in giro per un’ Europa diversa, una senza frontiere. E magari avresti incontrato una ragazza bellissima che parlava un’altra lingua e anche solo un centimetro da lei sarebbe stato troppo. E ora devi capire da solo quanto pesa un metro di distanza, che un bacio può uccidere e che il più grande gesto d’amore è stare lontano da chi ami.

E vorrei chiederti scusa, a te e ai ragazzi come te, perché la mia generazione vi ha usato come capro espiatorio dei propri limiti. Vi giudichiamo perché non sopportiamo di non riuscire a restituirvi un senso.

Persi in questa altalena fra la negazione e la psicosi (che in fondo poi sono la stessa cosa), abbiamo preteso che foste più responsabili di noi, non l’abbiamo mica voluta vedere la fragilità dietro la spavalderia, eravamo troppo occupati a contemplare le macerie delle nostre certezze.

Insomma quante cose avrei potuto dirti.

Invece ti do una fetta di torta di mele.

Come mia madre quando provava a riempire l’assenza con le polpette.

E stiamo fermi.

In questa casa di pietra in cima alla collina. Sotto un cielo senza più aerei.

Ad aspettare la primavera.”

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A domani![:]